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  TATTICA, INTRODUZIONE - Inizio di un’azione d’attacco da parte del portiere
Scritto da: Admin su Mercoledì, 14 Dicembre 2005 - 13:45
 
 
Tattiche di gioco Forse non tutti sanno che le prime partite di calcio si disputarono senza il portiere, infatti, nel primo regolamento del gioco del calcio, fu interdetto a tutti i giocatori l’uso delle mani. Era il lontano 1863 e per molti anni ancora il pallone continuò...


DI SAVINO FREDA

( ISTRUTTORE PORTIERI SETTORE GIOVANILE S. S. MANFREDONIA CALCIO.)


Forse non tutti sanno che le prime partite di calcio si disputarono senza il portiere, infatti, nel primo regolamento del gioco del calcio, fu interdetto a tutti i giocatori l’uso delle mani. Era il lontano 1863 e per molti anni ancora il pallone continuò a terminare in porta (che in quel periodo non prevedeva la traversa, quindi la rete si realizzava quando la palla passava tra i pali, indipendentemente dall’altezza che raggiungeva) senza che alcun calciatore potesse utilizzare le mani per “pararlo”. In seguito, nel 1871, fu apportata una modifica al regolamento che permise ad un solo giocatore della squadra di utilizzare le mani fino alla propria metà campo. Questo giocatore era pertanto un ibrido tra il calciatore e il rugbista, non di certo un portiere. Il ruolo del portiere, infatti, ha delle peculiarità specifiche che attengono principalmente alla difesa della porta, mentre in questo caso si era di fronte ad un giocatore “normale” autorizzato a prendere il pallone con le mani.
In seguito, nel 1875, questa particolare concessione fu limitata all’area di rigore, alle porte fu aggiunta la traversa e misurarono m. 7,32 per m. 2,44, in pratica quanto le attuali. Così facendo, l’unico giocatore che potesse utilizzare le mani nell’area di rigore iniziò a specializzarsi e ad accrescere quelle abilità necessarie per impedire principalmente che il pallone finisse in porta. Nacque così il ruolo del portiere, le cui caratteristiche si differenziarono da quelle di tutti gli altri giocatori della squadra.

Tornando a noi, questa parentesi esegetica può meglio farci comprendere come le richieste tecniche e tattiche nei confronti del portiere (deve essere leader della difesa) da parte del calcio moderno si riallacciano alla prima figura del portiere; chiaramente le doti tecniche specifiche del ruolo sono oggi notevolmente accresciute rispetto a quelle di allora, mentre le richieste tattiche sono più vicine alla peculiarità del primo portiere, che, come abbiamo visto, era anche giocatore difensivo.
Il calcio del 2000 cerca di crescere soprattutto dal punto di vista della cultura. Le conoscenze e le metodologie di lavoro (o insegnamento) sono accresciute. Da parte degli allenatori c’è la consapevolezza di doversi migliorare aggiornandosi e soprattutto vi è la convinzione secondo la quale, per raggiungere determinati obiettivi, non è sufficiente affidarsi all’estro, alle qualità del singolo fuoriclasse, ma è indispensabile trasferire ai singoli giocatori le conoscenze tattiche necessarie per la costruzione e lo sviluppo di situazioni di gioco.

Per quanto attiene al ruolo del portiere, l’approfondimento tattico non può risultare esaustivo se non esaminando singolarmente le molteplici situazioni di gioco che vedono impegnato il numero uno.
Prendiamo ad esempio il caso in cui il portiere, dopo aver parato la sfera in uscita alta, debba scegliere se rilanciare con le mani oppure calciare nella meta’ campo avversaria; ho spesso assistito a partite durante le quali non appena il portiere afferrava in presa alta la sfera, intorno a lui era tutto uno sbraitare di richieste da parte dei compagni “passa, passa”; da parte degli spettatori “tira sotto”; da parte della “panchina” “ falli uscire, falli salire”.
In verità la questione non è cosa deve fare il portiere ma tutt’al più in quale situazione deve fare una determinata cosa, vale a dire se deve dare il via ad una situazione d’attacco con un’azione tecnica anziché con un'altra. Da questo punto di vista la situazione è specifica e non più affidata al caso o all’intuizione o addirittura al consiglio improvvisato: siamo nella tattica.

Il portiere del 2000 deve essere impostato tatticamente dal proprio allenatore, deve sapere cioè come schierarsi in relazione alla palla, ai compagni di gioco, agli avversari, nonché come posizionarsi sulle palle inattive, deve, in definitiva, essere edotto su dove e come sistemarsi in relazione alle molteplici situazioni di gioco.
Tornando alla situazione che prima menzionavo, cioè la trasformazione dell’azione difensiva in offensiva, il portiere deve innanzitutto riconoscere la situazione tattica che ha portato ad un’azione di gioco conclusa con un traversone alto; varie, infatti, possono essere le situazioni che portano al traversone, esaminiamo insieme alcune di queste al fine di utilizzarle per fotografare situazioni di gioco reali che meglio possono far intendere al giovane portiere come comportarsi nel dare inizio ad un’ azione d’attacco.

A) Squadra avversaria nella propria metà campo impegnata nella fase difensiva, recupera il pallone e immediatamente tenta, mediante lancio lungo a scavalcare il centro campo, di servire un attaccante lateralmente (contropiede). Questi, controllato il pallone, effettua un traversone ad “incrociare”, indirizzandolo verso il centro area con l’intento di servire il compagno più avanzato che, con un movimento di taglio verso l’interno, aveva “chiamato” il passaggio.

B) Squadra avversaria nella propria metà campo impegnata nella fase difensiva, recupera il pallone e, con azione manovrata, costruisce un’azione offensiva corale che porta la maggior parte dei giocatori oltre il centrocampo; azione che sfocia in un traversone indirizzato nell’area di rigore.

C) Palle inattive d’alleggerimento che si attuano quando la squadra non ha interesse a schierarsi nella metà campo avversaria con la maggior parte dei suoi uomini, poiché il fine ultimo non è tentare la realizzazione di una rete, ma allontanare il pallone dalla propria metà campo per “alleggerire” la pressione esercitata dagli avversari e, nel contempo, mantenere occupati tutti gli spazi all’indietro a protezione della porta per non trovarsi, dopo aver perso la palla, scoperti (impreparati) di fronte a un’immediata ripartenza avversaria.

D) Palle inattive quali calci d’angolo e/o punizioni contro, calciate dalla ¾ e oltre della propria metà campo, nelle quali i giocatori della squadra avversaria sono schierati, per la maggior parte, all’interno o a ridosso dell’area di rigore.


Come si evince da quanto sopra, l’assetto tattico tenuto dalla squadra avversaria nelle situazioni descritte in A e in C è difensivo; mentre è offensivo nelle situazioni descritte in B e in D.
Ciò che bisogna far comprendere al portiere (specialmente se giovane) è l’importanza delle conoscenze tattiche, dell’esatta lettura della situazione simultaneamente alla rapidità di decisione (invio con le mani o lancio lungo calciato). Quando la squadra avversaria ha un assetto tattico difensivo e tutti gli spazi all’indietro sono ristretti, far iniziare un’azione offensiva con lancio lungo calciato da parte del portiere potrebbe non sortire effetti utili, in quanto i calciatori avversari, ben posizionati e tutti fronte alla palla, avranno maggiori possibilità di far propria la sfera. Così come, quando la squadra avversaria ha un assetto tattico offensivo e lo spazio utile intorno al portiere è ridotto dalla presenza di attaccanti e centrocampisti avversari, iniziare un’azione offensiva mediante invio con le mani potrebbe risultare inadeguato e arrecare difficoltà per lo sviluppo di gioco al compagno al quale è indirizzata la sfera, a causa della pressione facilmente realizzabile sullo stesso. E’ pertanto necessario da parte dell’allenatore trasmettere al portiere le conoscenze necessarie per comprendere in maniera univoca le situazioni; tutti i calciatori in campo devono saper decifrare la situazione e tutti devono pensare nel medesimo modo al fine di raggiungere un determinato obiettivo. E’ indispensabile che un’idea comune guidi il gruppo, poi, ovviamente, il singolo sarà l’interprete attivo del proprio ruolo in base alle caratteristiche nonché alle qualità tecniche e tattiche; pertanto è preferibile che, nelle situazioni descritte in A e in C, il portiere trasformi l’azione difensiva della parata con presa in uscita alta, in un’azione d’attacco mediante invio con le mani a un proprio compagno, in quanto lo scopo è quello di portare la palla nella metà campo avversaria tramite un’azione manovrata che permetta di allargare le “maglie avversarie” sfruttando il campo, oltre che in lunghezza, anche in tutta la sua larghezza.
Quando la squadra avversaria ha un assetto tattico offensivo, come nelle situazioni descritte in B e in D, lo spazio utile intorno al portiere è ridotto dalla presenza di giocatori avversari, e ovviamente la concentrazione difensiva sarà minore rispetto alle situazioni descritte in A e in C, pertanto è preferibile che il portiere trasformi l’azione difensiva della parata con presa in uscita alta in un’azione d’attacco mediante lancio lungo calciato in quanto lo scopo è quello di far giungere velocemente la sfera al reparto più avanzato affinché possa sfruttare lo spazio libero a disposizione e concludere rapidamente a rete.

Terminando, credo opportuno rimarcare che i compagni, mentre il portiere afferra in presa alta la palla, devono anch’essi saper leggere ed interpretare correttamente la situazione, in modo da assumere velocemente le posizioni o compiere i movimenti preventivamente concordati con il proprio allenatore; risulta quindi indispensabile la collaborazione tra l’allenatore dei portieri e l’allenatore della squadra, affinché il lavoro comune porti alla comprensione dell’obiettivo da parte di tutti i giocatori in modo omogeneo e che si traduca in movimenti coordinati nello spazio effettuati con il giusto tempo.


Per informazioni e/o chiarimenti: savino.freda@ilportiere.it



Bibliografia

ELEMENTI DI TATTICA CALCISTICA, F. Ferrari, Edizioni Correre

 
 
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