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  STUDIO ED ANALISI SUL MODELLO DI PRESTAZIONE DEL PORTIERE
Scritto da: Admin su Mercoledì, 14 Dicembre 2005 - 13:40
 
 
Analisi teoriche Ricordate i tempi in cui i giovani Tacconi, Zenga, ecc. furono mandati in società di “provincia” per fare esperienza? Erano gli anni in cui iniziava a prendere piede la figura del preparatore dei portieri, circa 20 anni fa...

Di GAETANO PETRELLI ( ALLENATORE PORTIERI U. S. CATANZARO )




Ricordate i tempi in cui i giovani Tacconi, Zenga, ecc. furono mandati in società di “provincia” per fare esperienza? Erano gli anni in cui iniziava a prendere piede la figura del preparatore dei portieri, circa 20 anni fa. Da allora questa figura ha assunto sempre maggiore importanza tanto da ritenerla indispensabile a livello professionistico, un po’ meno ancora in quello dilettantistico e settore giovanile, ma di notevole apprezzamento. Questo per le innumerevoli trasformazioni che negli ultimi anni ha subito il ruolo dal punto di vista dell’interpretazione, dovuto sia ai cambiamenti dei moduli tattici ( oggi si gioca un calcio più collettivo che individuale ) che alle regole ultimamente introdotte.

Dovendo quindi curare in particolar modo tutti questi accorgimenti, ecco che la figura del preparatore dei portieri si è rivelata, dicevamo prima, indispensabile.

I portieri vanno allenati in maniera differente dal resto della squadra. Le situazioni di gioco che si sviluppano attorno all’area di appartenenza devono costituire un punto di partenza per disegnare un programma di allenamento nel quale introdurre tutte le tecniche, innovative e non, per migliorare le sue prestazioni e soprattutto organizzare le sedute di lavoro. In questa organizzazione poi è necessario scindere il lavoro fisico da quello tecnico-tattico(anche se le due cose si possono combinare).



METODOLOGIA PER LO SVILUPPO FISICO





I metodi di allenamento non possono assolutamente lasciare nulla alla estemporaneità, ma devono assumere un concetto di vero e proprio “processo organizzato”, dove la consequenzialità delle proposte operative assume una logica importante. Ogni seduta di allenamento è in funzione di quella che precede e di quella che segue. Solo cosi otterremo quelle che sono le due finalità dell’allenamento, e cioè:

1) migliorare la capacità di prestazione dell’individuo;

2) stabilizzarla per un periodo di tempo.



Per raggiungere questi obiettivi è necessario rispettare delle regole. La prima è quella della frequenza dell’allenamento. Lo stimolo dell’allenamento deve attivare quelle capacità, tipica degli organismi viventi, che è quella dell’adattabilità. Questo si può verificare solo se lo stimolo si ripete frequentemente (es. l’abbronzatura).

Basti pensare a tutte quelle reazioni adattative che noi non vediamo, es. sopportazione e smaltimento dell’acido lattico, attività dei mitocondri, enzimi, ipertrofia cardiaca ecc. .

Situazioni di questo tipo non si ottengono se lo stimolo non si ripete almeno tre volte settimanali.

L’altra è quella della continuità, poiché l’organismo si adatta al movimento così come, con lo stesso principio, si adatta al non movimento. Se lavorando, il fisico risponde a certi sforzi, in egual o addirittura maggior misura non risponderà se non lavora con continuità.





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Altro aspetto importante che riguarda l’allenamento è il carico di lavoro e la sua

modulazione . L’errore più frequente è quello di inventare un modello e di ripeterlo settimana per

settimana anche nella somministrazione del carico.

Questo processo determina la standardizzazione del carico di lavoro e l’adattabilità degli organi

alle reazioni. L’allenamento non produce più i suoi effetti. Per ovviare a queste problematiche bisogna modificare due parametri principali che caratterizzano l’allenamento, che sono la quantità

e l’intensità, oltre che variare spesso i mezzi di allenamento. Infatti pur essendo questi parametri sempre e contemporaneamente presenti variano in percentuale durante il corso della stagione. Inizialmente, durante la preparazione precampionato, l’80 % di lavoro è dedicato alla quantità e un 20 % all’intensità. Man mano che si costruisce un determinato tipo di capacità fisica, bisogna metterla al servizio delle capacità tecniche (intensità) ed ecco che avvicinandosi al periodo agonistico, la prevalenza tende ad invertirsi e l’allenamento sarà strutturato per l’80 % in tecnico-tattico e per il 20 % in fisico, anche se esistono sempre sedute di richiamo o di mantenimento che saranno simili a quelle del periodo pre-agonistico.







METODOLOGIA PER I MIGLIORAMENTI TECNICO-TATTICI





Dal punto di vista tecnico-tattico bisogna crearsi un modello di prestazione del proprio allievo.

Dal suo modello di prestazione vado ad organizzare il lavoro e le sedute di allenamento che mi permettono di raggiungere gli obiettivi prefissati. E’ importante seguire attentamente i ragazzi sia durante gli allenamenti, sia durante la gara. Nei limiti delle vostre possibilità (prenderlo come consiglio), andate sempre a vedere le gare in cui essi sono impegnati. Per due motivi essenziali; il primo perché solo durante la situazione reale di gioco si può valutare la risposta vera, e secondo perché appuntando o effettuando lo scout, avremo un quadro più chiaro di quelli che sono gli interventi in cui è più spesso chiamato ad intervenire e quelle che sono le lacune più evidenti dell’allievo sulle quali andrò ad insistere durante gli allenamenti per cercare di eliminarle. Io da sempre seguo con accurato interesse le gare dei miei portieri effettuando lo scout ogni domenica. Nel corso degli anni ho individuato tante situazioni e tanti dati che mi hanno permesso di specializzare il lavoro secondo dell’atleta e per creare un modello di prestazione per ognuno di loro.

Nel campionato di serie C/1 gir. B dell’anno 2001/2002 ho analizzato 13 tipi d’intervento (a loro volta suddivisi in maniera più specifica) che hanno caratterizzato le 24 prestazioni del mio portiere durante il campionato. Essi sono: l’intercettamento, la presa, la respinta o deviazione, la parata in tuffo, la distribuzione su passaggio arretrato, l’uscita aerea, l’uscita in avanti, l’uscita laterale in tuffo, l’uscita in situazione 1:1, la parata in due tempi e la doppia parata.

Ho poi, grazie allo scorrer effettuato domenicalmente, sommato il numero di questi interventi

(che corrisponde a 1621) trasformandoli in percentuali. Ebbene il primo dato evidente che salta all’attenzione è quello relativo alla distribuzione con i piedi che ricopre addirittura il 35,5 % del totale degli interventi. Per distribuzione con i piedi s’intendono i calci da fermo con i quali il portiere inizia l’azione offensiva (vale a dire le rimesse).

Diamo ora un’occhiata alla distribuzione su passaggio arretrato che nel calcio attuale rappresenta l’obbligo di distribuire la palla con i piedi dopo un retro passaggio del compagno e che nella nostra statistica rappresenta con 195 interventi, il 12 % del totale. Esaminando invece gli intercettamenti

e considerando che i più numerosi sono quelli bassi che nella maggior parte dei casi vengono effettuati di piede, viene fuori un’ulteriore dato interessante sia come numero, 278, e di conseguenza come percentuale, il 17,1 %.



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Prima considerazione: questi tre primi tipi d’intervento hanno un fattore comune che è rappresentato dal gioco di piede con il quale il portiere viene chiamato in causa e dal momento che costituiscono la più alta percentuale del totale con il 64,65 % (pari a 1048 di n°) determinano il fatto che un portiere di alto o medio valore debba possedere un ottimo calcio e soprattutto deve sapersi destreggiare col pallone tra i piedi. Pertanto si consiglia una sempre più accurata applicazione tendente a migliorare queste caratteristiche tecniche.











Passiamo ora ad analizzare gli altri dati iniziando dalla distribuzione dalle mani e quindi la tecnica

d’attacco adoperata dal portiere per dare inizio ad un’azione offensiva della propria squadra.

Anche qui ho riscontrato dei valori abbastanza elevati con 232 interventi pari al 14,3 % del totale ma va fatta subito una precisazione e cioè che la nostra squadra (il Taranto) costruita per lottare per la vittoria finale, era propensa ad impostare il suo gioco cercando di costruire l’azione partendo dal portiere. Una squadra meno forte avrebbe visto il suo portiere più spesso impegnato nel rilancio lungo. Non si sono verificati doppi interventi (l’unica casella rimasta vuota) mentre per il resto ci sono da segnalare 39 parate in tuffo (2,4 %), 72 uscite aeree (4,4 %), 1 parata in due tempi

(0,1 %), 69 interventi in presa la maggior parte a mezza altezza (4,3 %) e 5 respinte o deviazioni (0,3 %). Ho voluto lasciare in ultimo i dati rilevati nell’uscita in avanti che sono 124 (7,6 %), nell’uscita laterale in tuffo che sono 24 (1,5 %) e nell’uscita in situazione di 1:1 che sono 7

(0,4 %), poiché costituiscono degli interventi che oltre al gesto tecnico, richiedono (come nelle uscite aeree) una attenzione in più dal punto di vista psicologico. Infatti, la quasi totalità di questi interventi ottimamente riusciti, dipende esclusivamente dalla posizione di partenza. Ma se il portiere non è attento nel valutare questa posizione, difficilmente arriverà in anticipo rispetto all’avversario.

Possiamo quindi confermare che due aspetti risultano fondamentali nell’interpretazione del ruolo nel calcio moderno e sono: la posizione di base (indispensabile per le finalità tecniche del gesto) e la posizione di partenza (indispensabile per anticipare di il tempo di esecuzione ).

Concludendo, il presupposto per una corretta ed efficace metodologia di lavoro, nonché il futuro per noi preparatori è rappresentato dal proporre sempre più, durante gli allenamenti, le situazioni reali che si manifestano durante la gara.

 
 
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